Liam Everett è un artista lento, discontinuo, l’esatto contrario del produttore d’immagini in serie. Eppure, a una rapida occhiata, soprattutto se visti da distante, i suoi dipinti fanno facilmente pensare a dei lavori realizzati in velocità, d’impulso : quelli che paiono dei casuali impasti di colori riproponibili all’infinito, sono in realtà il risultato di un lungo processo di elaborazione materiale. (attenzione perché qui inizia il campo minato d’uova).
La tecnica impiegata da Everett consiste nell’accumulare sulla superficie della tela diversi strati di materia, il colore in acrilico, e proseguire poi con un complesso e faticoso lavoro di sottrazione. Toglie, Everett è un artista che toglie. Come Michelangelo levava la scorza dalla pietra grezza per far emergere i tratti di dolcissime sculture, così il pittore americano sbriciola la spessa crosta di acrilico strofinandone la superficie con un miscuglio di sale e alcol, e lascia poi la tela esposta alla luce per accentuarne la decolorazione.
La realizzazione di un’opera può prendere diverso tempo, talvolta parecchi mesi, un periodo indefinito durante il quale il quadro è in balia degli altalenanti stati d’animo dell’artista : un giorno la tela viene pitturata in verticale, il giorno successivo viene deposta sul pavimento e vi si lasciano cadere di tanto in tanto gocce di colore alla maniera del dripping di Jackson Pollock. Un procedimento rallentato, imprevedibile, che continua finché Liam Everett non percepisce un completo distacco rispetto al dipinto che gli si trova di fronte. Il quadro non è mio, non è più mio, non vi è più alcuna traccia di me, deve pensare l’artista : questo è il momento in cui l’opera può dirsi compiuta.
Il risultato dell’elaborato processo artistico sono dei dipinti dalle tinte sgargianti, luminosi quanto delle lenzuola appena uscite dalla lavatrice, dei quadri che Everett solitamente battezza con nomi di località esotiche. Non che nella ricca composizione di colori si possano riconoscere un dove e un quando, o ricordi di chissà quali viaggi avventurosi, sogni, incubi o vaghe fantasie. L’impressione che il pittore vuole trasmettere è il puro movimento : il movimento dell’occhio, lo sguardo che si sposta alla ricerca di un punto, un indizio, a destra, a sinistra, in alto e in basso rispetto alla tela. Verso quell’introvabile spiraglio che porti alla piena percezione dell’immagine : l’immagine enigmatica, densissima, in tutto e per tutto neutra. L’immagine meravigliosamente astratta.
Fonte: https://lavaligiadellartista.com/