Si tratta di un pericoloso virus che si sta diffondendo anche in Italia. Ha un nome: le mostre senza opere. Dopo Milano, Torino è la sede di «Van Gogh 3D»; Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni, accoglie «Caravaggio Experience»; mentre Palermo ospita, nell’Oratorio di San Lorenzo, la «Natività» di Caravaggio ancora in 3D. Senza dimenticare, nel 2014, la «Mostra impossibile» su Leonardo, Raffaello e Caravaggio a Napoli. Molti puristi – forse a ragione – saluteranno in modo positivo questi «appuntamenti»:, che salvaguardano i quadri dai rischi legati ai continui viaggi cui sono sottoposti, per soddisfare richieste sempre più pressanti da parte di direttori di musei e di responsabili di società for profit.

La strategia cui ci si affida è sempre la medesima. Non di rado disinvolti produttori privati si fanno affiancare da studiosi seri, che accettano di dviventare complici di iniziative superficiali e kitsch (Ferdinando Bologna e Claudio Strinati sono i consulenti della «Mostra impossibile» e della «Caravaggio Experience»). Da questo incrocio di interessi nascono esposizioni nelle quali ci si affida ai nomi di artisti popolari e maledetti (Caravaggio e van Gogh). Di queste «star» si scelgono alcuni dipinti, che vengono riprodotti fedelmente servendosi di sofisticate tecnologie.

Nascono così cloni intorno ai quali si costruiscono effimere macchine spettacolari. Simulacri in alta definizione vengono ingigantiti e proiettati su schermi. Sovente si monumentalizzano dettagli. Il fine nobile di questi show: farci precipitare dentro complesse drammaturgie di icone. Ma, in effetti, dietro questa maschera pedagogica, si nasconde solo furbizia commerciale, voi cosa ne pensate?

 

Fonte: www.corriere.it